giovedì 23 novembre 2017

Eùgenio Scàlfari ha parlato: "Berlusconi sì, Di Maio, no!"


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Dunque, per l’ormai quasi cadaverica vestale del “Brachettismo” opportunista, è preferibile la figura del plurinquisito piduista ultraottantenne Silvio Berlusconi - in tempi remoti (ma non troppo) amorevolmente accudito dal criminale mafioso Vittorio Mangano e in quelli correnti con fedeli controfigure in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa – a quella del trentenne Luigi Di Maio, reo, verosimilmente, di incarnare una concezione politica riscattata dall’incaprettamento malavitoso, con cui i lestofanti delle sette partitiche l’hanno, senza scrupoli, sin qui sottomessa!         

Dunque questo vecchio trombone, arrogante espressione della più becera cultura radical-salottiera di tutti i tempi, allerta gli italiani sul pericolo che un ricambio generazionale nella politica può produrre l’avvento di chi, con mani e faccia pulite (almeno sino a prova contraria), si candida come alternativa ai rappresentanti del fallimento materiale, e prima e più ancora morale, in cui versa il Paese!

Ha perso - come scrisse Travaglio in un editoriale sui suoi settant’anni di sfrenato trasformismo - i freni inibitori e può finalmente dire quello che aveva sempre clandestinamente pensato, ma non gli era mai convenuto scrivere, sennò ti saluto Mondo, Europeo, Espresso, Repubblica e relativi lettori

Con lui, a una sola voce e in totale condivisione, Bruno Vespa, a sugellare, se ve ne fosse ancora bisogno, l’unicità di fatto di istanze venduteci per decenni, con dolo e malafede, come antagoniste e alternative.

Assolutamente comprensibile il terrore di questi gentiluomini della mediocrità mediatica, coltivata abusando della buonafede e ingenuità di molti, di fronte al gesto di un Di Battista che rinuncia – senza peraltro tirarsi indietro dal proprio impegno personale e anzi rinnovandolo con forme non remunerate da soldi pubblici, forte della propria passione civile – alle prebende e ai vantaggi sontuosi degli scranni che i “padrini-padroni” garantiscono loro, a patto, ovviamente, di tutelarne interessi e privilegi!

Ancor più comprensibile, e soprattutto auspicabile, l’onda di disprezzo che il Paese gli vomiterà addosso, inesorabilmente, con le prossime elezioni nazionali.

Adriano Colafrancesco 


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