giovedì 23 febbraio 2017

Hirpos Dionysos - “Può darsi che abbiamo udito la musica dell'uomo e non la musica della terra. Può darsi che abbiamo udito la musica della terra e non la musica del cielo.”



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hirpos dionysos

in questi giorni ho conosciuto uno strano uomo una specie di eremita che vive
nei boschi dell irpinia. raccoglie castagne e costruisce oggetti in legno.
barba e capelli bianchi un cappello di lana grezza sulla testa calato fino agli
occhi, un pastrano ancor piu grezzo una vecchia fisarmonichetta anni settanta su
una spalla nelle mani un bastone, l albero delle castagnette come lo chiama lui.
ci siamo messi a parlare dice che nei luoghi dove vive tutti lo chiamano hirpos
per la vita selvatica e solitaria che conduce, per quello che ci siamo andati
dicendo mi e’ subito venuto in mente il nome hirpos dionysos. immagina, dice,
la vita dei sanniti d inverno su questi monti di lupi animali selvatici freddo
e buio nelle piccole casupole costruite con poche pietre impastate con terra
paglia arbusti e legnami. da sempre l'uomo per difendersi dagli attacchi degli
animali selvatici dal buio dall incertezza e il dolore dell esistenza, il lupo
che sta dentro e fuori di noi, ha usato il fuoco i suoni il rumore gli
schiamazzi e le urla che spaventano e tengono lontano gli animali e altro, il
vino che riscalda rinsalda da forza e coraggio. e’ stato naturale per i sanniti
adottare il culto mediterraneo dionisiaco portato dai greci che hanno integrato
con influenze di origine celtica come il culto degli alberi. proprio in questo
ambito si inseriscono le figure del mago anticamente scienziato dotato di
enormi conoscenze delle energie della terra e del cielo e il pulcinella
sacerdote ieratico sciamano letterato. l’atellana, il racconto pieno di
equivoci, la commedia all italiana, come si definisce oggi, pare sia nata
proprio attorno ai fuochi sanniti. appunto figure molto simili al bardo e al
druido dei celti. difficile parlare delle specifiche conoscenze delle figure
che la religione cristiana ha screditato al punto da ridurre a mere figure di
carnevale o a innocui pupazzi in costume svuotati totalmente della loro carica
ieratica carismatica che avevano nell antichita. hanno comunque mantenuto
entrambi il costume originario il mago col cappello a punta il mantello e le
bacchette quella di nocciolo per sentire le energie della terra e il lituo a
forma di spirale per trovare gli orientamenti astronomici nel cielo notturno.
così pulcinella capo spirituale con il suo bastone sciamannino. insomma secondo
questo strano personaggio incontrato per le vie montemarano, i sanniti sarebbero
stati il punto d incontro tra la cultura greca mediterranea e quella celtica
nordica. nell era più arcaica nei piccoli villaggi o pagus nei periodi più
freddi piccoli cortei guidati dal sacerdote pulcinella celebravano dionysos
nelle sembianze semiumane di pan imitandone il passo nella danza. il rito aveva
la funzione appunto di celebrare la divinita, ridare forza all energia vitale
della natura indebolita dal freddo, tenere lontano dal villaggio con suoni e
rumori animali selvatici rinsaldare i rapporti all interno della comunita di
appartenenza e probabilmente alla fine del rito uomini e donne del clan si
accoppiavano liberamente e dopo nove lune il rito dava i suoi frutti di
fecondità. gli strumenti flauti di canna tamburi e campanacci. la vita degli
antichi in un certo senso e‘ progredita architettonicamente nella tecnica con
la costruzione di grandi agglomerati di pietra e abitazioni più grandi e comode
ma e’ cambiata veramente solo con la scoperta della polvere da sparo che ha
dotato l uomo del fucile che lo ha reso più sicuro e meno impaurito nel suo
rapporto col selvatico, attacco di lupi e altri animali selvatici. infatti si
fa coincidere la fine del periodo buio medioevo e inizio dell era moderna
proprio con tale scoperta. in pochi secoli per rendere la vita più sicura lupi
e altri animali saranno portati quasi all estinzione così saranno tagliati per
stanarli e conquistare nuovi spazi gran parte dei boschi. gli chiedo poi se sa
da dove deriva hirpus e lui risponde che ci sono due scuole di pensiero una
ritiene che la parola osca significhi lupo così irpinia si può tradurre terra
di lupi, luponia o lupinja, unaltra scuola ritiene che invece possa trattarsi
di un termine per indicare anche altri animali pelosi che potrebbero essere un
orso o un capro animale villoso per eccellenza guarda caso proprio la capra
potrebbe essere sinonimo anche per indicare pan e gli uomini di quella terra,
meta uomini e meta caproni. ipotesi di fantasia, in questo caso hirpinia
sarebbe capronia o addirittura adoratori del caprone, comunque piu estesamente
puo significare peloso villoso e soprattutto irsuto che alla fine e’ il termine
che ci e’ piaciuto adottare traducendo irpinia con irsutia.

oggi allora ci siamo incontrati in jrsutja, hirpos dionysos, l amico hirpus
marianus, jessica garden con simone jrsutus, joannes di montellas, jerry
solfatara, don francisc, fernanda daltavilla, o’ lione con tammorre castagnette
e organetto abbiamo iniziato a suonare una musica populare arcaica, tarantelle
pizziche e tammuriate, si e’ formaro un bel cerchio abbiamo ballato e suonato
fino a notte, naturalmente accompagnandoci con del buon vino rosso, nelle
vicinanze pure un grosso fuoco acceso.

comunque al di la delle fantasie antropologiche mitologiche e letterarie che
possono anche avere fondamento di verita sarebbe utile indagare e ricercare
soprattutto sulle figure del mago e del pulcinella. il primo scienziato il
secondo sacerdote.

Dioniso è una divinità della religione greca. Inizialmente dio arcaico della
vegetazione, in particolare legato alla linfa vitale che scorre nei vegetali,
la linfa che si ritrae nel mondo ctonio durante i mesi invernali e che poi
torna a scorrere vivida in quelli estivi, ed infatti gli erano cari tutti quei
frutti ricchi di succo dolce, come l'uva, il melograno o il fico.
Successivamente venne identificato in special modo come Dio del vino,
dell'estasi e della liberazione dei sensi, quindi venne a rappresentare
l'essenza del creato nel suo perenne e selvaggio fluire, lo spirito divino di
una realtà smisurata, l'elemento primigenio del cosmo, l'irruzione spirituale
della zoé greca, ossia l'esistenza intesa in senso assoluto, il frenetico
flusso di vita che tutto pervade. Questo dio rappresenta in particolare lo
stato di natura dell'uomo, la sua parte primordiale, animale, selvaggia,
istintiva, che resta presente anche nell'uomo più civilizzato, come una parte
originaria insopprimibile, che può emergere ed esplodere in maniera violenta se
viene repressa, anziché compresa ed incanalata correttamente.
Il Dioniso originario, legato alla vegetazione, rappresentava quell'energia
naturale che, per effetto del calore e dell'umidità, portava i frutti delle
piante alla piena maturità. Ma poiché questa energia tendeva a scomparire
durante l'inverno, l'immaginazione degli antichi tendeva a concepire talvolta
un Dioniso sofferente e perseguitato. In particolare Dioniso era legato
soprattutto alla pianta della vite che necessita il più possibile della luce e
del calore solare. Nel bel mezzo dell'inverno, quando si celebrano strepitanti
feste dionisiache, salutare il dio e circondarlo nella danza. Le sue
sacerdotesse erano le menadi, o baccanti, donne in preda alla frenesia estatica
e invasate dal dio. elemento connesso al lupo in tutte le loro manifestazioni,
anche rituali e culturali, per quanto finora ci consta, e il nome Hirpini è
rimasto legato a questo animale perché Varrone aveva dato alla parola hirpus il
significato di lupo e da Varrone l’hanno ripreso anche Strabone, Festo e Servio.

Il Durante conduce infine un’indagine linguistica comparativa per quanto
concerne il capro (hirpus=hircus = -erc) su hirpus ed hircus, dicendoli
entrambi corradicali e horrere nel significato di “essere irto”, come
testimoniano gli altri derivati hispidus, hirtus, hirsutus. Il significato
primario era dunque irsuto, villoso. Ma l’animale villoso per eccellenza è il
capro e non il lupo, che ha il pelame più basso. Mentre per il lupo non si
trovano attributi di questo genere, per il capro o la capra si può raccogliere
una ricca documentazione, cosa che il Durante fa comparando accuratamente
ebraico, latino e greco. L’illustre linguista può a questo punto
tranquillamente concludere il suo articolo dicendo: “Sono dunque gli elementi
più disparati che concorrono nello smentire la tradizione antica, restituendo
alla glossa hirpus l’accezione genuina”, cioè quella di capro. Pan è un dio
potente e selvaggio, esteriormente è raffigurato con gambe e corna caprine, con
zampe irsute e zoccoli, mentre il busto è umano, il volto barbuto e
dall'espressione terribile. Vaga per i boschi, spesso per inseguire le ninfe,
mentre suona e danza. È molto agile, rapido nella corsa ed imbattibile nel
salto. protegge le greggi e gli armenti, gli sono sacre le cime dei monti, non
viveva sull'Olimpo: era un dio terrestre amante delle selve, dei prati e delle
montagne. Preferiva vagare per i monti d'Arcadia, dove pascolava le greggi e
allevava le api. Pan era un dio perennemente allegro, venerato ma anche temuto.
Legato in modo viscerale alla natura ed ai piaceri della carne. Dio dalle forti
connotazioni sessuali - anche Pan infatti come Dionisio e Priapo era
generalmente rappresentato con un grande fallo - Come dio legato alla terra ed
alla fertilità dei campi è legato alla Luna, ed alle forze della grande Madre.
Pan è un dio generoso e bonario, sempre pronto ad aiutare quanti chiedono il
suo aiuto. Questo dio pagano sarebbe stato ripreso in seguito dalla Chiesa
Cristiana per utilizzare la sua immagine come iconografica di Satana.

[hirpus]

intreccio e trama, ordito in dimensione narrativa, vero strumento di espressione
e racconto, molteplici sfu- mature dei propri gusti delle proprie visioni del
proprio tempo, a sfilare culture o gruppi legati ad antiche civil- tà italiche
nell istinto immutato ancestrale, trama an- tropologica per dare all uomo
l'illusione di poter con- quistare l’infinito.

bagagli culturali anche immaginari a tracciar le rotte di un processo mentale
migratorio incessante nel tempo e nello spazio fino ad arrivare al moderno
mandhala contemporaneo. ripensiamo al passato sottolineando la creatività per
ragionare sulle possibili evoluzioni tra cronaca geografia del fare e del
raccontarsi.

un colpo d ala, uno dopo l’altro, una alla volta ! sedotti dai travolgenti
sfarfallii imparando a guardarci diversamente gli uni con gli altri, come le
farfalle sa- gaci e delicate maestre ci insegnano a vivere e ad in- seguire
qualche attimo in più di pura innocua felicita

viaggio emozionale
di un emigrante irpino
sulla strada dei fiori
a cosmopoli.
dove senza cuore
non si può fare l’amore,
me ne basta uno!

la storia si ingarbuglia sempre di più!
sono sul pullman che mi porta in irpinia,
altopiano di sepinum sierra di scavazill
near campo- vasciu ad altilia
isola che non ce’.opa-
autista bus perso
bussola spazio temporale
bravo suonatore di organetto,
fermato polizia senza cinture
superato limite velocità da 80 a 96
non li posso giocare neanche al lotto
qualcuno suggerisce il 69!
sbagliato pure strada
sul far della sera
a benevento!

kun0s tangenzialis
menhir di tamoil
meridiana car
decatlone opa

o mast,
assettati addo vuo’
tu si na cosa grande
infinito divenire dell essere

uno assoluto immutabile eterno
perche mustafa vive in africa
tutto e il contrario di tutto
punto geografico incerto

dimensione spaziale
surreale ancestrale
villaggio globale
cultura areale

colline fiabe e paesi
dolcezza e giovinezza
meridione subalterno

nel perimetro di contaminazioni
confinato all interno di quello
che chiamiamo tradizione

mush mush mush mash vuje sol abballa’
mush mush mush mash vuje pur ammagna’
mush mush mush mash ji ni voje fatija
mush muh mush mash
mariannina mariannina
mush mush mush mash
mma fatt nnamura’

hirpus samnium
logoritmum italicus
iovis amaranus
turrita quadratus
rotte de transumantia
menhir de tamoil
kuno8s tangenzialis
meridiana car rottamatur
decatlone opa

carnevale a montemarano

venerdi mattina mi svegliano forti rumori, trapani e martelli pneumatici; al
piano di sotto fanno lavori di ristrutturazione, mentre faccio colazione mi
affaccio alla finestra annuso l aria e sento il mio karma immediato: l’Instant
karma. una nuvola di essenza diviene tassello del sistema concettuale
abbinamento sensoriale di olfatto suoni e rumori, leit-motiv per un insieme di
emozioni ricordi sensazioni e intuizioni che si incontrano nell aria. afferro l
attimo e mi tuffo nel vuoto, sono già a montemarano per il carnevale dove sono
già stato in altre occasioni. nell agosto del 2003 ho soggiornato una settimana
per uno stage sulla tarantella montemaranese, escono le mascherate con il
caporaballo sorta di pulcinella che dirige il corteo, due file aprono la
sfilata ballando la tarantella processionale con passo zoppicato muovendo busto
e braccia mimando l atto di scacciare il male, dall interno verso l'esterno,
segue la piccola orchestra composta da tamburelli fisarmoniche e clarini. un
tempo organetto otto bassi ciaramella e tamburello. suonano la stessa melodia
lo stesso ritmo fino all ossessione, groove iterativo e catartico. dietro, il
corteo di persone che seguono la sfilata. le compagnie mascherate sono diverse
quando si incontrano tra di loro tra le strette vie come forma di saluto e
anche di sfida i musicisti suonano tutti al massimo grado dell intensita,
portando in alto i tamburelli. ce’ un po di nebbia, le compagnie arrivano da
lontano come comparendo dal nulla e svanendo nel nulla tra lazzi schiamazzi e
urla lancinanti soprattutto le donne tipo baccanti con tutti i capelli
scarmigliati in faccia. la processione si conclude in una piazzetta dove tutti
i gruppi si incontrano per una incredibile orgia musicale di suoni colori
maschere lazzi e canti. la mattina dopo vado al museo etnomusicale una vasta
esposizione di strumenti costumi libri e altro sul carnevale di montemarano:
mascari’ mascara’ me na fattnammura’! il carnevale e’ una festa che ha inizio
il 17 gennaio e termina il martedì che precede il mercoledì delle ceneri,
inizio della quaresima. il carnevale ‘tra le feste popolari in cui sono
maggiormente rinvenibili tracce di antiche ritualità popolari. il significato
antropologico parte da lontano dal significato stesso del rito e del suo ruolo
nella società antica pre cristiana. il cristianesimo avvio un nuovo modo di
ricercare il contatto con dio: la preghiera, atto intimo e individuale che pur
se svolto in cornice comunitaria assume connotati personali. le civiltà pre
cristiane cercavano il legame con le divinità del rito in azioni evocative e
corali in cui ognuno trascendeva se stesso per divenire parte di un tutto, la
cui energia evocativa era il frutto della moltiplicazione delle forme di ognuno
dei partecipanti. ecco perché assumeva importanza la parola la gestualità il
canto. il carattere propiziatorio la carica satirica il perpetuarsi della vita
e l'invocazione dell abbondanza, erano i temi principali. il carnevale,
opposizione alla quotidianità della vita genera una realtà virtuale positiva
come forma di allontanamento del negativo. il carnevale di montemarano e’ forse
tra i pochi esempi in cui sono rintracciabili con maschere balli e strumenti i
caratteri originari di questa festa. il nome stesso di montemarano e’ associato
alla gioia ai colori e ai suoni che essa porta con se insieme alla danza che
accompagna il corteo del carnevale la tarantella.

[pa(e)s(s)aggi di lomax]

questo e’ il quarto numero dei speciali che dedico ai paesaggi e ai passaggi di
lomax nell italia meridionale dopo martano in salento, scanno in abruzzo,
cagnano varano e carpino, sul gargano, ora montemarano, in irpinia. passaggi
soprattutto umani paesaggi interiori dimenticati a volte anche disprezzati a
lungo marginalizzati che lomax ha raccolto con il suo paziente lavoro negli
anni cinquanta, quando girare nei paesi dell italia meridionale, indie
nostrane, era veramente avventuroso. il lavoro di lomax quasi nascosto per un
cinquantennio sta uscendo in tutta la sua bellezza e originalità. alan lomax
etnomusicologo e antropologo americano e’ stato anche produttore discografico e
autore di programmi radiofonici. il curatore del museo etnomusicale luigi
dagnese mi racconta in particolare del lavoro di lomax a montemarano, di cui il
museo possiede diverso materiale come foto e registrazioni originali. alan lomax
arriva a montemarano nel gennaio del 1955 scrive: in questo pazzo mosaico che e’
il meridione mi ritrovai a montemarano, una comunità di canzoni e cori, la gente
era fuori sulle colline a raccogliere castagne e a cantare alcune cupe e antiche
canzoni in uno stile che non avevo ascoltato altrove. le persone erano molto
scure di carnagione, molto allegre, le donne così libere nei loro comportamenti
che mi presero per mano e mi portarono a ballare non appena la danza ebbe
inizio...e che tarantella; questa gente allegra non ballava separata da un
fazzoletto; i ragazzi abbracciarono per bene le ragazze e saltellarono in giro,
mentre ogni occhiata nella stanza brillava di sensuale gioia. lomax non collega
la tarantella al carnevale in particolare. i brani pampanella e tarantella
escono nella sezione campania nel disco columbia southern italy and islands e
in folklore musicale italiano del 1973. nella tensostruttura dove si svolge il
laboratorio di tarantella. si affrontano le tecniche dei passi base e danza in
cerchio. nel pomeriggio di nuovo tarantella processionale per le vie del paese,
molti ragazzi bevono grappa, altri sambuca, se ne sente l'odore dolciastro
nellaria alcuni vecchia romagna, altri ancora, la maggior parte, vino rosso,
aglianico dirpinia. a sera quando le mascherate si sciolgono alcune continuano
a suonare e ballare nei diversi bar e locali del paese. il caporaballo guida i
cortei e’ maschera fissa uguale per tutti i gruppi di mascherate. interessante
notare che queste figure note come pulcinella sono diffuse in tutta l area ad
influenza sannitica. si riscontrano nell abruzzo meridionale al confine col
molise in diversi luoghi della basilicata sul pollino, in irpinia. figura
legata a rituali del mondo italico antico.

la tarantella di montemarano

la tarantella di montemarano e’ iterativa catartica emozionale sensoriale
apotropaica psicotropa ieratica e nonostante gli eccessi taumaturgica.
sicuramente connessa ad antichi riti dedicati a dionisos soprattutto nel passo
di danza che ricorda il dio caprone, altro fattore del rito il vino rosso
aglianico porta alla frenesia all entusiasmo e all ebrezza. durante la
tarantella processionale decine e decine di tamburelli suonano fino all
ossessione lo stesso ritmo così i clarini eseguono la stessa melodia di
continuo e le fisarmoniche creano il tappeto sonoro che amalgama e unisce le
parti. la piccola orchestra le grida estatiche e liberatorie delle giovani
baccanti o menadi danzanti, urla anche terrificanti tese a spaventare il lupo
che sta dentro e fuori di noi ad arginare il dolore stesso dell esistenza,
creano un vortice di
energia che trascina tutto il corteo in una dimensione altra, nella trance si
stabilisce un contatto con la divinità si crea un varco energetico che unisce
l'uomo al cosmo questa e’ la vera caratteristica della tarantella e più in
generale del carnevale di montemarano. la tarantella di montemarano deve la sua
fortunata sopravvivenza al suo legame stretto e alla sua fusione con il
carnevale. e’ quanto resta di un antico ballo processionale, uno dei pochi
sopravvissuti. la tarantella come il carnevale deriva da pratiche rituali
legate a culti agrari di carattere propiziatorio e liberatorio come i riti da
cui derivano. il carnevale anch'esso sottoposto alla rigida azione
moralizzatrice della chiesa che cerca di eliminare ogni forma di ritualità
popolare, con le pratiche coreografiche, la chiesa fu ancora più dura poiché la
danza ricorda gli eccessi divertimenti spensieratezza. la danza da ruolo di
primo piano al corpo sul quale vuole invece far trionfare la forza
purificatrice della religione. nonostante i danni del tempo e i cambiamenti
subiti essa reca ancora segni evidenti del carattere magico rituale e della
fusione mistico propiziatoria che aveva alle origini. il ballo processionale
con il carnevale e’ un contatto con la divinità, contatto che avviene
attraverso l'energia sprigionata dal movimento del corpo e questa stessa
energia unisce l'uomo alla divinità in un unico slancio creativo. lo scopo e’
propiziare il favore delle divinità la cui comunione con l'uomo rende possibile
la fecondazione della terra e la sua rigenerazione affinché essa possa dare i
frutti per lo svolgimento della vita degli esseri viventi. in questa pratica e’
ovviamente insita un azione di esorcismo nei confronti del male con i danzatori,
che allo stesso tempo invocano il divino e allontanano il maligno. questo
significato ancestrale e’ evidente già nell andamento dei danzatori che
disposti in due file si allontanano e si avvicinano in modo da circoscrivere lo
spazio su cui dovra scendere il favore divino allontanandolo dall influenza del
male. lo svolgimento ha origini da pratiche tese ad arginare il male oltre i
confini dello spazio al cui interno si svolge la vita della comunità. la
tarantella ha perso i suoi antichi significati e ne ha aggiunto di nuovi nei
quali stanno confluendo atteggiamenti di disagio che tanti sentono in un mondo
sempre più sordo ai sentimenti di amicizia appartenenza solidarietà. la
tarantella oggi e’ un modo per stare assieme per condividere momenti di gioia
di danza e divertimento. esorcizzando ancora il male che oggi e’ rappresentato
dall indifferenza egoismo esasperato individualismo. montemaranesita.

la zappa e il tamburello (psicoantropologia)

un mulo che trascina un carretto con le ruote cigolanti produce un suono, un
armonico che ci introduce nella dimensione estiva di un aia affollata, voci
canti e richiami nella campagna assolata: il sottofondo, continuo, un tappeto
sonoro, il frinire delle cicale. il suono persistente dei cesti battuti
ritmicamente dalle donne per pulire le fave sembra quello delle tammorre o
dei tamburelli. anche nelle cucine profumate e spaziose dei casali il ritmo del
setaccio scuote su e giu il pensiero affollato delle donne intente nel lavoro
quotidiano: nell atmosfera onirica il suono dei tegami di rame lucente e delle
stoviglie colorate, il rumore silenzioso e polveroso dei mobili antichi, i
bambini che guardano affascinati la massa del pane che lievita sul tavolo.
anche chi zappa la terra nei campi cela nel suo movimento un ritmo ben preciso,
un ritmo interiore diverso da quello di un pastore o di un artigiano. il ritmo
interiore del contadino che si cela nel movimento continuo della zappa da forma
a un paesaggio lento nella sua evoluzione che trae valore da un insieme di
soluzioni ecologiche, di tradizioni, di rapporti di lavoro. la zappa emblema di
un paesaggio conservatore, ritmo interiore di generazioni che hanno saputo
trasmettere intatto nel tempo un sapere collettivo del quale e’ ancora
possibile indagare alcuni caratteri. il valore culturale della zappa, il nostro
valore culturale, affonda nella terra, nella zolla di terra che la zappa separa
per un attimo dalla massa marrone informe. il contadino con la zappa e i piedi
ben piantati per terra e’ al centro del campo, al centro di un mondo interiore
che da ordine al caos del mondo esteriore: nell arco della sua vita cura con
lentezza un paesaggio rurale di cui e’ l unico tutore. gente con i piedi per
terra, che lavora la terra, che resta legata alla sua terra. nella terra c e’
molto di più della nostra storia, ci sono le nostre radici. un racconto
affascinante su come eravamo e come siamo ancora. un racconto che parla del
lento scorrere delle stagioni e del tranquillo fluire dei fiumi. ora il senso
del ritmo e’ cambiato, non e’ più quello di un tempo. sono cambiati i modelli
di riferimento, meccanici tecnologici elettronici.

le tradizioni cambiano a seconda del tempo, dell area geografica di riferimento
ma anche a seconda dell eta e della classe sociale. la zappa, legata più al
mondo maschile a un ritmo più riflessivo e meditativo. il tamburello
rappresentante del mondo femminile: il cesto e il setaccio, con ritmo
catartico. sono i simboli di un sapere attuale che cerca di rivitalizzare il
passato, destinato a divenire il cantore di un nuovo clima culturale definito:
futuro arcaico! lomax spiega che i tediosi e faticosi procedimenti della vita
di ogni giorno vengono gioiosamente distorti e ricambianti in modo vivo e
accattivante in modo che la fatica e il suo risultato si presentano
simultaneamente. da una parte la fatica di un continuo spostarsi per lavorare
la terra e accudire al bestiame. dall altra il risultato nella fertilità dei
raccolti. orticoltori e danzatori portano il prodotto del loro lavoro, mimando
allo stesso tempo le forme più tipiche del loro sforzo produttivo. in africa
occidentale il più importante attrezzo agricolo e’ una zappa dal manico corto
per usare il quale bisogna chinarsi in avanti durante il lavoro. il movimento
principale della danza rispecchia chiaramente uno dei principali atti di
sussistenza. ogni tradizione culturale consacra nel suo stile di espressione i
modelli di movimento essenziali alla sopravvivenza del gruppo nel suo specifico
ambiente. basato sempre sul repertorio di modelli di movimenti familiari alla
comunità. nel linguaggio cinetico della vita quotidiana, il movimento di
zappare, battere la terra come ballare; il movimenti di battere il cesto e il
setaccio, separare e raccogliere i frutti del lavoro, come suonare il
tamburello. percorsi lineari iterativi, potrebbero essere attinenti alla sfera
sacra e ai rituali di fertilita della terra e della canalizzazione della fatica
e del lavoro che, attraverso una tecnica del corpo e per mezzo di un
addestramento al
movimento misurato e continuato alleni al superamento della fatica stessa. in
campania la tammorra e’ femminile come strumento cavo che genera il suono e che
con la forma rievoca il disco lunare, fatto del legno che nasce come dono dalla
madre terra, così la zappa nel manico di legno mentre nella parte di ferro
riassume una primordiale tecnologia nel forgiare il metallo, legata più al
fuoco e al disco solare.

zappa ballo sole terra-tamburello suono luna vita della terra, diventano anche
sorta di propiziazione ed iniziazione erotico sessuale. elemento periferico e
indispensabile all esecuzione dell espressione rituale e’ il vino. infatti lo
stato di ebrezza che provoca, solleva l uomo da suo essere terreno. nello
stesso tempo fa si che l allontanamento dalla realtà e lo sfogo siano completi.
il vino grazie ai suoi poteri e’ un elemento complementare sin dalle antiche
ritualità, della danza della musica e del canto, sia del mondo laico sia in
quello della devozione popolare. il vino capace di dare coraggio e conforto: il
coraggio di unirsi e fare baccano e durante la festa dare sfogo all estasi
individuale e collettiva, alla frenesia, a quello che i greci chiamavano
entusiasmo.

Ferdinando Renzetti

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