giovedì 11 agosto 2016

Altra campana - La popolazione in Europa aumenta, ma non è più europea



La notizia è che i morti, in Europa, hanno superato i vivi: ed è la prima volta che succede da quando l'Eurostat nel 1961 si incaricò di contare gli uni e gli altri. Il dato pare semplice: l'anno scorso sono nate 5,1 milioni di persone e ne sono morte 5,2 milioni, fine. Anzi no, perché l'altra notizia è che la popolazione europea è complessivamente aumentata, cioè è passata da 508,3 milioni a 510,1 milioni: e capite bene che qualcosa non quadra.

Avete già indovinato: gli immigrati. Loro sono aumentati (circa 2 milioni in un anno) mentre gli europei residenti stanno lentamente sparendo, o per dirla male: è in atto una sostituzione. Forniamo qualche altro numero, così, anche solo per curiosità: l'Italia è notoriamente il paese europeo in cui nascono meno bambini (tasso di natalità dell'8 per mille) mentre nel nordeuropa ci danno dentro di più: Irlanda 14 per mille, Francia e Gran Bretagna 12. I mitici amanti latini hanno imparato la contraccezione o stanno troppo sui social network: Portogallo 8,3, Grecia 8,5, Italia abbiamo visto.

Ma torniamo all'allegro tema iniziale: i morti contrapposti ai vivi. In Italia l'anno scorso sono morte circa 650mila persone ma il nostro tasso di mortalità (10,7) non è lontano dalla media europea che è di 10,3. Poi ci sono paesi come la Bulgaria (15,3) e la Lettonia e la Lituania (14,4) dove si schiatta molto di più. La Germania ha 82 milioni di persone, la Francia 66, la Gran Bretagna 65, l'Italia 60. Ma - lenta sinché volete - è comunque in atto una sostituzione. Non ci fosse, il caso europeo sarebbe un esempio quasi perfetto di controllo delle nascite: paradossalmente, più morti che vivi sarebbe una buona notizia in un Pianeta brulicante e bisognoso di sempre nuove risorse.

Anche gli immigrati, sulla carta, dovevano rappresentare una buona notizia: il loro apporto, in teoria, avrebbe dovuto comporre una società ideale e meticcia che andasse a impiegarsi nei famosi lavori che gli europei non vogliono più fare: così, almeno, teorizzavano quei «i maestri del pensiero unico europeo» per come li ha definiti Giulio Tremonti in una recente intervista a Libero; gli immigrati - era il senso - avrebbero fatto i lavori più umili e oltretutto ci avrebbero indirettamente pagato le pensioni, quasi fossero una sorta di popolo di ricambio.

La realtà si è rivelata diversa. Molti immigrati (non stiamo enumerando quelli irregolari) mandano i soldi rigorosamente nel paese d'origine e li sottraggono al ricircolo economico, programmando peraltro di andare a svernare nella terra dei loro natali quando l'età della pensione l'avranno raggiunta loro; alcuni - soprattutto orientali - tengono in piedi autentiche economie parallele che sono impermeabili o quasi alla nazione che li ospita, e soprattutto al fisco. Questo per quanto riguarda gli immigrati più fisiologici e maggiormenete integrati, e lasciando da parte l'ampia parte che lavora in nero per una ragione o per un'altra.

Poi. C'è un'altra copiosa parte di immigrati (certo non solo profughi o rifugiati) che produce poco o nulla e si candida a impossessarsi dello status che tanti europei non possono più avere: quello degli assistiti, dei mantenuti, epicentro di un neo-welfare che in tutta Europa deve fronteggiare i bisogni e le emergenze di ondate ingestibili di migranti; accanto alla pulsione umanitaria, tuttavia, non si può tacere la stravaganza già raccontata dal Wall Street Journal di venerdì scorso: può capitare che i sussidi e le sovvenzioni finiscano per finanziare attività terroristiche (è accaduto in Belgio, Libero ne ha parlato ampiamente) e che l'Europa dunque finisca per pagarsi gli attentati.

C'è infine una terza categoria di immigrati, purtroppo: quelli che si muovono da un paese all'altro con l'intento specifico di ingrossare attività criminali (sappiamo quali: molti europei non vogliono più fare neanche quelle) oppure che finiscono per caderci dentro per forza di cose, grazie a quelle autentiche scuole di formazione che le carceri rappresentano: gli immigrati, come è noto, sono in crescita anche lì, e di conseguenza i loro costi di mantenimento.

Ecco, i numeri e le spiegazioni che Eurostat dovrebbe fornire - non che sia facile - sono anche queste: che cosa fanno questi due milioni di immigrati neo europei, sino a che punto rappresentano una risorsa e quanto invece un «costo» economico e sociale non affrontabile all'infinito, quanti sono in galera, quanti dovrebbero starci, e quanto, ancora, potrà durare l'autoctona e demodè «popolazione europea» propriamente detta.

Filippo Facci

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