lunedì 8 settembre 2014

"Sbalocca l'Italia" ... - Giochi sadici del pulzello di Firenze


 
renzie sbalocca l'Italia

Mentre  si annuncia di voler puntare sul turismo e in specie su quello culturale, con questo decreto si ridà fiato alla cementificazione del territorio e dei paesaggi italiani, cioè alla dissipazione della “materia prima” del turismo stesso, la bellezza del Paese (già tanto sfregiata).

Messa in sicurezza idrogeologica e sismica, strutture culturali, opere sociali indispensabili, ecc. restano fuori da queste proposte che rappresentano un “dejà vu” ripetutamente bocciato dalla storia.

Il quadro che ne esce è dei più allarmanti e insieme desolanti. Sembra di essere tornati ai tempi di Lunardi e di Tremonti, della “deregulation” continue che anticiparono numerosi e devastanti condoni. L’interesse pubblico tutelato dalla Costituzione (articolo 9 e non solo) e da una vasta letteratura di sentenze della Consulta e della Cassazione sembra essere di nuovo evaporato in nome della ripresa e dell’occupazione.
Noi siamo per la ripresa economica dell’Italia e per il rilancio diffuso dell’occupazione, ma crediamo che ciò possa e debba avvenire con investimenti pianificati nella cultura e nelle sue sedi e iniziative, nella ricerca a tutto campo, nella difesa idrogeologica e nellamessa in sicurezza sismica di un Paese flagellato da frane, inondazioni, colate di fango, terremoti contro i quali oggi non c’è quasi prevenzione, nella realizzazione di opere pubbliche e di infrastrutture indispensabili soprattutto su rotaia, nel trasporto regionale e metropolitano, nella fatiscente edilizia scolastica, ecc.

Il “cambiamento” che lo Sblocca-Italia propone è in realtà la riedizione di una politica vecchia e miope già bocciata dalla storia, che, se attuata, produrrà altri disastri paesaggistici, ambientali, architettonici allontanando così il Paese da politiche di rinascita strutturale.

Il Comitato per la Bellezza
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SBLOCCA ITALIA:
L’ennesimo decreto di deregolamentazione “selvaggia”  a danno del Paese

a cura di Sauro Turroni
Ci chiediamo ancora una volta come potrà essere firmato dal Capo dello Stato un decreto del genere, del tutto privo dei necessari requisiti di necessità ed urgenza  e contenente materie del tutto disomogenee.
Ormai è prassi: questo Governo opera solo attraverso decreti legge che hanno carattere ordinamentale, sottrae materie di competenza parlamentare alla discussione e approva ogni provvedimento facendo ricorso alla fiducia, introducendo così di fatto la più grave riforma costituzionale,  trasformando le camere in semplici ratificatrici  delle decisioni dell’esecutivo.
In più, come se non bastasse, introduce norme in contrasto con la costituzione.
Il decreto, se possibile, rispetto alle bozze conosciute è peggiore di quelle circolate fino ad ora. Analizzarlo tutto richiedere pagine e pagine di note e commenti, atteso che praticamente ogni riga è volta ad una deregulation selvaggia volta a favorire non solo, come si afferma, gli investimenti, ma anche e soprattutto la manomissione dell’Italia e in molti casi anche delle casse dello Stato.
Partiamo dall’inizio.

Art.1

Il commissario alla ferrovia Napoli Bari non solo approva i progetti ma anche li predispone, e può appaltare i lavori sulla base di un progetto preliminare, cioè di elaborati che non sono in grado di consentire la individuazione, la misurazione e la quantificazione esatta delle opere da realizzare. Fioriranno gli “imprevisti”, le “varianti in corso d’opera” e tutte quelle altre diavolerie ben note alle imprese e alla magistratura, che sono state alla base del sistema di tangentopoli e della esplosione e moltiplicazione dei costi.
In ogni caso il commissario prima approva da solo i progetti e poi …solo successivamente li sottopone alla conferenza dei servizi. Una procedura davvero bizzarra, che non fa alcun cenno alla VIA che pure è un obbligo europeo imprescindibile per questo tipo di opere.
Se i rappresentanti delle amministrazioni che tutelano la salute , l’ambiente o i BBCC il commissario stesso può, in 7 giorni, approvare ugualmente il progetto, facendo prevalere un interesse di tipo economico rispetto ad altri interessi costituzionalmente garantiti, andando contro tranquillamente a consolidate e ripetute ordinanze della Corte Costituzionale.

Ritorna in grande spolvero il silenzio assenso, fonte di ogni possibile corruttela, molto apprezzato dai mascalzoni di ogni risma che non rischiano nulla, non dovendo firmare nessun atto amministrativo essendo sufficiente fare passare un po’ di tempo e ogni intervento è assentito automaticamente semplicemente … ponendo la richiesta in fondo alla pila di quelle depositate.

Desta enorme preoccupazione l’articolo riguardante le terre e rocce di scavo (art.12).

Occorre ricordare che fin dal primo atto del governo Berlusconi del 2001, la legge obiettivo, il ministro Lunardi cercò di impapocchiare la materia tentando di… diluire l’inquinamento degli scavi della Bologna-Firenze (dove aveva operato con la sua Roksoil) e che la questione è molto delicata avendo nel tempo consentito di celare nelle terre provenienti da scavi ogni tipo di velenoso inquinante.

Il fatto che reimpiegando le terre e le rocce di scavo in interventi infrastrutturali anche lontani consenta di non considerarle più rifiuto desta ogni tipo di preoccupazione: nessuno avrà più il diritto di controllare un materiale che non è più rifiuto, nessuno dovrà più tracciarlo e potrà essere portato ovunque. Le conseguenze sono facilmente immaginabili. I Casalesi ringraziano sentitamente.

Forza con gli inceneritori (art.15)

I sindaci impegnati a ridurre i rifiuti nel loro territorio e conseguentemente, se dotati di inceneritore, intenzionati a ridurre progressivamente le quantità da incenerire vedono le loro politiche andare in fumo: il governo farà un suo piano nazionale e definirà gli inceneritori esistenti (e quelli previsti) strategici e quindi che dovranno funzionare a pieno regime, mandando in soffitta ogni proposito di azione virtuosa.

Ai cittadini che si impegnano a fare riciclo e raccolta differenziata viene dimostrato che i loro sforzi sono vani, i loro polmoni continueranno ad essere inquinati per i rifiuti che vengono da altrove, distruggendo in un sol colpo il principio della autosufficienza territoriale alla base di ogni pianificazione in materia di rifiuti.

Semplificazioni in materia di paesaggi tutelati (art.18 e 19)

Con la scusa della piccola dimensione gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili non sono più soggetti alla autorizzazione paesaggistica: si tratta di una norma incostituzionale atteso che, come è noto la tutela del paesaggio prevale nei confronti di ogni altro interesse ancorché economico.

Distruggere un paesaggio tutelato è facile, basta davvero poco, e il nostro Bel Paese ha subito fin troppe manomissioni senza che ad esse si dovessero aggiungere quelle facilitate da Renzi (che del resto detesta le Soprintendenze).

Vietato chiedere maggiori standard di sicurezza (art. 22)

Costa troppo e se chi realizza l’infrastruttura lo sostiene non si dovrà fare quello che una più adeguato livello di sicurezza avrebbe richiesto. Si blocca così il meccanismo evolutivo delle norme che proprio in materia di sicurezza procedono da tempo per successive implementazioni.

Costa troppo, dice Renzi, invece di capire che minori incidentalità significano enormi risparmi di spese e di costi sociali.

Ancora unità di missione (art.23)

Invece di cercare di far funzionare la P.A. si torna a riproporre la salvifica “Unità di Missione” che opera con propri procedimenti, modalità operative ecc. sostituendo uffici e strutture pagate per fare il lavoro che si concentra nelle UdM.

Sempre e solo procedure straordinarie, senza capire che questo modello fallimentare ha già dimostrato tutti i suoi limiti, anche di corruttibilità e di aumento dei costi.

Questa volta la scusa non sono le calamità o le grandi opere, il meccanismo perverso derivante dai meccanismi della straordinarietà viene applicato pari pari anche alle piccole opere.

In più, oltre a creare nuove strutture che rispondono ad un potere sempre più centrale, si distrugge definitivamente il principio costituzionale della terzietà della amministrazione pubblica, facendola diventare uno strumento di diretta emanazione del potere politico che la nomina e la tiene accanto a sè.

Art. 36, altra norma in favore dei lottizzatori 

Un’altra norma in favore dei lottizzatori, art. 36, 3 comma : si consente a chi lottizza di realizzare le opere di urbanizzazione a spizzichi e bocconi, per “stralci “funzionali” dando garanzia alle amministrazioni pubbliche , che poi dovranno gestirli e mantenerli, solo per assicurare la coerenza dell’opera di urbanizzazione parzialmente attuata con la restante e futura parte.
Chi impedirà dunque agli speculatori di fare stralci solo su misura delle proprie esigenze di guadagno, rinviando la realizzazione di quelle opere di maggior costo ed impegno ad un futuro incerto, assicurandosi la parte di profitto assicurata dalle costruzioni edilizie e rinviando sine die gli obblighi di completare le urbanizzazioni?

Immaginiamo cosa succederà delle urbanizzazioni secondarie: mai vedranno la luce.

Art. 37: ancora deregulation edilizia

Ancora deregulation in edilizia, nel paese degli abusi e dei condoni (art.37) alcune norme riguardano ancora una volta le semplificazioni edilizie, mentre ciò di cui ha bisogno l’Italia sono piuttosto dei rigorosi controlli ma di questo non si parla: tutto è nelle mani dei responsabili, diretti e indiretti, dell’abusivismo e del massacro dell’Italia con cemento e asfalto.

In un paese fragile come il nostro l’unica preoccupazione sembra essere quella del fare presto e non del fare bene. E quindi si inventano procedure con sempre meno controlli e verifiche con lo Stato che rinuncia alla funzione di garante della pubblica incolumità, del rispetto dei beni comuni e del patrimonio storico artistico , nonché della sicurezza.

Infatti i termini delle verifiche sono sempre più ridotti, a pochi giorni ormai, e in caso di prolungarsi dei tempi ecco che scatta l’automatica nomina del responsabile del procedimento a commissario ad acta, che assume da solo la responsabilità di assicurare che l’edificio direttamente realizzabile per previsione di PRG o di Piano Particolareggiato risponda ai requisiti di sicurezza sismica, idraulica, idrogeologica eccetera. E se il commissario ad acta non agisce nei termini dei 30 gg ecco che scatta il silenzio assenso.

Il geometra a scavalco di un piccolo comune si sostituirà quindi a ministeri, uffici regionali e anche provinciali , a AUSL e enti simili? Ma di che parlano?

E, naturalmente, per coloro che hanno perso tempo (?) scattano meccanismi risarcitori nei confronti di chi deve intervenire.
I risultati di questo modo di fare “riforme” dimostrando di non conoscere nulla della P.A: e anzi avendola in odio sono sicuri: i funzionari si metteranno sempre più con le spalle appoggiate al muro, individueranno ogni possibile cavillo pur di poter esprimere comunque un parere che li metta al sicuro da richieste di danni o da altre vessazioni e chi ci rimetterà saranno i cittadini e il nostro territorio. La PA è lì per risolvere i problemi dei cittadini, Renzi la rende ancor più un soggetto propenso a risolvere i problemi delle proprie terga.

Articoli 42, 43 e 44: aiuti agli immobiliaristi

È nota l’enorme quantità di immobili invenduti realizzati dalla speculazione edilizia che li ha ora sul groppone. Le norme introdotte cercano di dare una boccata di ossigeno a chi ha speculato e ora non riesce a vendere.

L’art. 44 si occupa di edifici esistenti e propone talune agevolazioni per il loro recupero anche dal punto di vista dell’efficienza energetica. Una ipotesi di lavoro che avrebbe potuto essere positiva se inquadrata in programmi dei Comuni e non lasciata alla casualità dell’incontro fra operatori immobiliari e attuali proprietari. Senza dubbio quello degli immobiliaristi è decisamente l’ultimo dei settori economici da aiutare!

Art. 45: il demanio terra di conquista per operazioni immobiliari: un nuovo sacco d’Italia

È un vecchio pallino dei governi di ogni colore : utilizzare il demanio pubblico per fare cassa, ma a tanto non eravamo mai arrivati: non è lo Stato che decide quali beni alienare ma sono soggetti che gestiscono fondi comuni di investimento o altri imprenditori immobiliari europei che, scegliendo fior da fiore, individuano le operazioni immobiliari più appetibili e fanno una proposta, bontà loro, al Presidente del Consiglio, con uno studio di fattibilità in cui indicano cosa vogliono fare.

Il presidente del Consiglio decide cosa consentire agli speculatori con cui fa un bell’accordo di programma, incassando caso mai qualche opera di interesse pubblico in cambio del bene demaniale di cui viene cambiata destinazione urbanistica, funzione, uso.
Che potrebbe fare qualche magnate russo o cinese nella Reggia di Caserta? Oppure nelle decine di chiese sconsacrate appartenenti al demanio? Una catena di ristoranti o di centri benessere con attività “a luci rosse”? E una qualche Disneyland in area archologica? In fondo ne abbiamo tante !
Sarebbero tutte cose “fattibili” secondo i criteri individuati dal decreto che si preoccupa solo dei soldi che può ricavare da queste operazioni . E’ vero, servono gli standard urbanistici, meno male che Renzi è stato sindaco e ci pensa a queste cose.
Peccato che la pianificazione urbanistica salti così totalmente, che la preventiva valutazione della interesse dello Stato di mantenere la demanialità e la disponibilità del bene venga cancellata, che in nessuna riga del decreto venga prevista la partecipazione dei cittadini ad atti così rilevanti che riguardano la loro città e il loro territorio, assicurati persino dalla legge urbanistica fascista del 1942 e cancellati dal democratico governo voluto dal 40% dei votanti alle europee, che i Comuni, finora titolari delle competenze in materia di governo del territorio, diventino semplici comparse in una vicenda difficile perfino a credersi.
Come ciliegina sulla torta, ovviamente, c’è anche la possibilità che la Cassa Depositi e Prestiti finanzi l’intervento.

Art. 49 – ancora un attacco per sdemanializzare i beni della difesa di interesse culturale e storico artistico

Dopo 60 giorni dall’invio degli elenchi alle Soprintendenze scatta il silenzio assenso e per quei beni è automaticamente dichiarata l’assenza di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, culturale e paesaggistico, per essi non si applicano le disposizioni del codice dei Beni Culturali e paesaggistici, sono sdemanializzati e quindi alienabili.

La norma, in coerenza con tutte le altre emanate in precedenza per la vendita del patrimonio storico artistico della Nazione, è assai grave in quanto gli immobili di cui non viene riconosciuto un interesse tale da impedirne l’alienabilità e il mantenimento nel demanio dello Stato, anche se meritevoli di tutela, non sono più assoggettati alle disposizioni del codice di BBCC per cui un edificio pregevole, non necessariamente di qualità tale da richiedere la sua conservazione nel demanio, diventa trasformabile, abbattibile, ristrutturabile ecc., senza che nessuno si occupi e si preoccupi della coerenza dell’intervento con la qualità del bene.

Numerosi sono i commi che regolamentano, nuovamente intervenendo sulla materia, la vendita degli immobili pubblici, che ha subito innumerevoli modifiche legislative a brevissima distanza di tempo, tutte sovrapponentisi le une alle altre senza avere altro obiettivo da quello di far cassa e disposti a tutto pur di riuscirci.

Perfino a cedere beni a società con capitale sociale di 10.000 euro, costituite ad hoc, come previsto dal decreto legge 30 novembre 2013, n. 133 convertito con legge 29 gennaio 2014, n. 5 recante: «Disposizioni urgenti concernenti l’IMU, l’alienazione di immobili pubblici e la Banca d’Italia> nel quale un intero titolo si occupa proprio di alienazioni..

Art.57-60 quater (Pacchetto 12) 
Servizi pubblici locali? Quotiamoli in Borsa

Questa parte del decreto che riguardava l’obbligatoria quotazione in Borsa delle società che si occupano di rifiuti, acqua, trasporti pubblici ecc. sembra essere stata per ora accantonata e dovrebbe trovare invece posto nella futura legge di stabilità. Inutile sottolineare la gravità di simili disposizioni che vanno anche contro a quanto deciso dagli italiani col referendum.

Art. 63. Le mani su Bagnoli e Coroglio

Si tratta di un’ articolo di straordinaria gravità: viene distorto il riferimento all’art. 117 della Costituzione per stabilire le destinazioni urbanistiche dell’area di Bagnoli, definendole “livelli essenziali delle prestazioni” per poi affidare come è ormai prassi consolidata ad un commissario la realizzazione di quello che il governo ha stabilito attraverso un programma di riqualificazione urbana.
Il commissario lo nomina il governo. Avete già capito.
Il programma deve anche prevedere un ampio elenco di opere infrastrutturali di ogni tipo, tutte poste a carico dello Stato, da realizzarsi, insieme con gli interventi privati e le altre opere e interventi, compresa la bonifica, da parte di un “soggetto attuatore” da scegliersi con evidenza pubblica ma di cui non sono indicati né requisiti, né qualificazione né altre caratteristiche tali da consentire la individuazione dei soggetti aventi titolo a partecipare alla selezione.

E’ evidente che il Governo vuole avere mani libere nella scelta del soggetto attuatore tanto più che quest’ultimo in soli 40 giorni deve fare tutti i progetti, i piani urbanistici, definire le infrastrutture, predisporre VAS e VIA. Chi può farlo se non qualcuno che ha da tempo le mani in pasta?

Il soggetto attuatore inoltre ha la possibilità di definire volumetrie aggiuntive e premiali, destinazioni d’uso ulteriori ecc, insomma a lui sono attribuiti i compiti propri della Amministrazione comunale a cui la legge, finora , aveva attribuito la potestà in materia urbanistica.

Ovviamente del tutto assenti, di nuovo contro ogni disposizione legislativa vigente e anche contro il diritto comunitario e le convenzioni internazionali, la partecipazione dei cittadini alle decisioni riguardanti le trasformazioni urbanistiche del loro territorio. Inutile dire che perfino il cavalier Benito Mussolini non si era spinto a tanto.

Tutto da approvarsi in conferenza di servizi, da concludersi in 30 giorni, compresi Via e Vas. Una beffa bell’e buona.

Pacchetto 13 (art. 70 e 71): norme inaccettabili sull’energia

Nel Pacchetto 13 – Cosa non si fa per l’Energia (art. 70 – 71) ci sono altre norme inaccettabili: i gasdotti e gli oleodotti e gli stoccaggi rivestono interesse strategico ma ad essi, non soddisfatti delle norme esistenti (aggiunte nel 2004 dal Governo Berlusconi al DPR 327/2001, che consentivano all’approvazione di gasdotti e oleodotti di sostituirsi alla VIA e di fare variante urbanistica), ora la medesima approvazione potrà anche costituire variante ai Piani Paesaggistici, ai Piani dei parchi e ad ogni altro piano di tutela comunque denominato, di nuovo contro il dettato Costituzionale.

Ovviamente ogni demanio pubblico è obbligato ad accettare le proposte di attraversamento di chi fa gasdotti e oleodotti e in caso di ritardi scatta il solito silenzio assenso anche per chi massacra foreste.

Sono resi ancora più remunerativi gli stoccaggi e se ci sono dubbi sulla loro pericolosità poco importa: sono di interesse strategico anch’essi.

Si introduce la libertà di prospezione e di ricerca di idrocarburi, con buona pace della subsidenza che, nel caso di estrazioni “sperimentali” in mezzo al mare, deve essere accertata a posteriori: se si verifica una subsidenza, ci si deve fermare; se non emerge un fenomeno del genere, i programmi sperimentali della durata di 5 anni possono essere prolungati di altri 5.

Perfino Giancarlo Galan, ex ministro e governatore, si batteva contro queste autorizzazioni pericolose ben conoscendo gli effetti della subsidenza sulle coste e sui territori costieri, specialmente di quelli adriatici, compreso il fatto che i fenomeni di abbassamento del suolo non sono repentini e repentinamente arrestabili, ma sono duraturi e persistono nel tempo e che un suolo abbassato non si solleva più. Ma evidentemente la logica del Mose non è sparita, anzi pervade culturalmente, se così si può dire, questo decreto.

In conclusione

Il testo a nostra disposizione non contiene l’elenco delle autostrade e della altre opere infrastrutturali finanziate né le norme di snellimento e semplificazione ad esse relative per cui mi riservo un ulteriore approfondimento.
Anche molte delle norme commentate possono essere state modificate o riscritte in CdM (o, come al solito, dopo ) e anche in questo caso faremo ulteriori verifiche.
Non commento gli articoli successivi, tutti definibili opere clientelari, inserite da questo o quel ministero nel testo base. Essi riguarderebbero l’ospedale di Olbia, i campeggi, le locazioni, le semplificazioni nei SIC, il monte Amiata, il settore farmaceutico ed altro.
Una “marchetta” in particolare riaffiora, sempre lei, e riguarda le concessioni demaniali marittime, cioè Bagni e bagnini: per loro sarebbe stata prevista una ulteriore proroga delle concessioni, alla faccia delle normative comunitarie che imporrebbero la messa a gara delle concessioni medesime e non le eterne proroghe.
Così va (allo sprofondo) il Belpaese.
(Sauro Turroni)

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Fonte: http://www.salviamoilpaesaggio.it/
sbloccaitalia

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