martedì 13 dicembre 2011

Tasse evase sul gioco d'azzardo - Ci sarebbero 100 miliardi di euro da riscuotere ma lo stato non li vuole.. perché....




Quei maledetti 98 miliardi che lo Stato non vuole riscuotere
di Valerio Valentini - Byoblu.com.


E se mentre vi stanno decurtando la pensione, obbligandovi a lavorare per altri 6
anni, vi dicessero che ci sono 98 miliardi di euro che lo Stato potrebbe riscuotere ma a cui non sembra per nulla interessato?

E se mentre le accise sulla benzina aumentano e fare un pieno diventa un salasso veniste a sapere che sono 4 anni che i vari governi di destra, di sinistra e di impegno nazionale non fanno nulla per recuperare quella cifra enorme che, da sola, basterebbe a pagare gli interessi sul debito pubblico nazionale per un anno intero?

Un po’ di storia

E' il maggio del 2007 quando una Commissione Parlamentare prima, e il

Gruppo Antifrodi Tecnologiche della Guardia di Finanza poi, al termine di
una lunga inchiesta comunicano i risultati alla Corte dei Conti. E sono dati
sconcertanti. Le dieci maggiori società concessionarie che gestiscono le slot
machine avrebbero contratto un debito col Fisco per gli anni 2004-2007 pari
a circa 100 miliardi. La truffa erariale più grande che la storia della nostra
Repubblica ricordi.

Ma come è potuto succedere? Molto semplicemente, per legge le fameliche
slot machine devono essere collegate con un modem ad un ricevitore della
Sogei (Società Generale di Informatica controllata dal Ministero del Tesoro).
Invece, i due terzi delle macchinette non sono collegate a questo sistema
di controllo. E infatti nel solo 2006 le società indagate incassano il triplo
dell’importo dichiarato al Fisco: 43,5 miliardi anziché 15,4.

Dopo varie contestazioni e numerose penali – che lasciano ipotizzare un
costante aumento della cifra che lo Stato deve riscuotere – si arriva, il 4
dicembre del 2008, al processo. Come spesso succede, tuttavia, i difensori
contestano la competenza della Corte dei Conti obiettando che di tale
questione deve occuparsi il Tar del Lazio. La disputa viene risolta dalla
Cassazione, che nel dicembre del 2010 stabilisce che i giudici contabili possono
continuare ad indagare. E infatti, nell’ottobre scorso, è ripreso il processo.

Le responsabilità dei Monopoli
Pesanti responsabilità, se non addirittura connivenze, sembrano ricadere
anche sull’Agenzia dei Monopoli di Stato (AAMS). A denunciarlo è la stessa
Commissione d’indagine che parla di “interrogativi” sorti durante l’inchiesta “su
specifici comportamenti tenuti dai Monopoli in particolari occasioni” che
“riguardano sia la fase di avvio delle reti telematiche e in particolare l’esito
positivo dei collaudi allora condotti, subito dopo smentiti dall’esperienza
applicativa, sia l’accelerato rilascio di nulla-osta di distribuzione per apparecchi
nell’imminenza dell’entrata in vigore di una disciplina più stringente, sia infine
l’omessa applicazione di sanzioni previste dalla legge e ‘l’invenzione’ di regimi
fiscali forfettari”.

E secondo quanto dichiarato da un membro della Commissione al Secolo
XIX, “i Monopoli hanno autorizzato persino macchinette apparentemente
innocue, giochi di puro intrattenimento, senza scoprire che premendo un
pulsante si trasformavano in slot-machine. L’applicazione di forfait ha
permesso il dilagare di anomalie, perché la 'cifra fissa' è assai più bassa di
quella che potrebbe essere rilevata dalle macchine. Così in moltissimi casi sono
state dichiarate avarie, guasti, difficoltà di collegamento dei modem solo per
poter pagare di meno, con una perdita secca per lo Stato di miliardi di euro”.
I Monopoli, in sostanza, avrebbero permesso e facilitato la dilagante
evasione delle società concessionarie, “rinunciando a qualunque forma di
sanzionamento che avrebbe dovuto essere attuata”. Oltre ai vertici de
Monopoli, gravi accuse di corruzione sono state rivolte dalla Commissione a
singoli funzionari che, attraverso “anomale procedure” e “retrodatazione delle
autorizzazioni”, avrebbero permesso ad almeno 28 aziende (alcune delle quali
oggetto di indagini da parte della magistratura per presunti reati di corruzione
nei confronti di dirigenti dei Monopoli) di eludere le disposizioni introdotte
successivamente dalla legge.

L’immobilismo dei governi

Intanto, i governi che si sono succeduti dal 2007 ad oggi - di sinistra, di
destra e di impegno nazionale - continuano a restare imbambolati senza
prendere una decisione al riguardo. L’ultima volta che se ne è parlato in
Parlamento, l’estate scorsa, il ministro Vito ha rassicurato che «nel decreto
anticrisi, attraverso la collaborazione con la Guardia di Finanza, sono stati
attivati controlli e indagini sull’attività delle società stesse a garanzia del loro
operato e per verificarne l’affidabilità».

Che tradotto suona più o meno come in Don Raffaè: “Lo Stato che fa?
S’indigna s’impegna poi getta la spugna con gran dignità!”.

Slot, politica e Mafia: un intreccio pericoloso
Si potrebbe essere maligni, a questo punto, e pensare che tanto
immobilismo bipartisan sia dovuto alla presenza di uomini vicini a politici
importanti nell’affare. E magari anche alle infiltrazioni della criminalità
organizzata.

Atlantis ad esempio, una delle società concessionarie maggiormente
impantanate nella faccenda (con sede fiscale nelle Antille Olandesi), ha un
legale rappresentante che si chiama Amedeo Labocetta, un ex esponente di
spicco di An a Napoli, oggi parlamentare del Pdl. Lui però ha sempre
stoicamente rimandato al mittente ogni accusa: “Faccio il deputato a tempo
pieno, sono nella commissione antimafia e mi sento il custode di Montecitorio:
sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene”.

Peccato che questo stakanovista eroe della patria si sia reso protagonista di
un episodio assai curioso, il 9 novembre scorso. Mentre le Fiamme Gialle
stavano perquisendo un ufficio di Francesco Corallo, presidente di Atlantis,
s’è intrufolato quatto quatto nel locale – insieme a Giulia Bongiorno, deputata
di Fli – e ha portato via quello che ha definito essere un “suo”
computer, invocando l’immunità parlamentare in faccia ai militari della
Guardia di Finanza. Francesco Corallo, proprietario di quell’ufficio romano e
presidente di Atlantis, è un personaggio piuttosto importante.
Se non altro perché suo padre è quel Gaetano Corallo condannato a 7
anni di reclusione per associazione a delinquere. Si tratta di uno dei più
importanti esponenti della mafia di Catania, in strettissimi rapporti con Nitto
Santapaola, che avrebbe anche ospitato in una sua villa ai Caraibi durante la
latitanza del superboss.

Forse, un giorno, qualcuno ci dirà come andrà a finire questa brutta storia.
Intanto voi, cari Italiani, in nome del bene del Paese e in virtù della difficoltà
del momento che stiamo attraversando, pagate e zitti.

Fonte: http://www.byoblu.com/post/2011/12/10/Quei-maledetti-98-
miliardi-che-lo-Stato-non-vuole-riscuotere.aspx

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