martedì 6 settembre 2011

Libia - Chi è che ha ucciso chi..? La NATO, Geddafi, i ribelli... l'indifferenza del mondo

Nell'immagine: "Cimitero de La Loma" - Foto di Gustavo Piccinini

...ricorre un anniversario doloroso, ed allo stesso tempo importante e significativo per noi italiani, l'anniversario dell'8 settembre 1943 (Seconda guerra mondiale: con il Proclama Badoglio, che fa seguito a quello del generale Dwight D. Eisenhower lanciato da Radio Algeri un'ora prima, viene reso pubblico l'armistizio di Cassibile).
Ma sembra che quanto sta avvenendo in Libia in questi giorni sia un esempio significativo di come le tensioni nel mondo non hanno ancora raggiunto un climax.. forse però lo stanno raggiungendo.... La situazione sembra sempre più sfuggente e non si sa bene come andrà a finire.. Di questa situazione confusa un altro segnale giunge dall'intervento di Marinella Correggia, che accusa i pacifisti di essersi addormentati, con risposta di Mao Valpiana del Movimento Nonviolento.

Paolo D'Arpini


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Libia: il silenzio dei pacifisti

Mentre gli alleati locali della Nato (i cosiddetti ribelli) qualificano di "atto di aggressione" l'accoglienza che l'Algeria avrebbe dato a moglie e alcuni figli e nipoti di Gheddafi, e mentre tutte le foto della famiglia sterminata dalla Nato in luglio a Sorman e diventata un simbolo dei crimini di guerra sono sparite dagli hotel
e sono state sostituite dalla bandiera monarchica, e mentre a Tripoli NON si contano i morti degli ultimi giorni (sotto i bombardamenti che hanno spianato la strada agli alleati locali, e per l'eliminazione fisica di lavoratori africani con il pretesto che erano "mercenari", e con l'epurazione di libici vicini all'ex regime e di quelli in precedenza fuggiti dall'Est), e mentre nessuno conterà mai i morti civili di 20.000 raid aerei condotti da piloti mercenari occidentali (mercenari, visto che appoggiavano una fazione libica) sulla base di un mandato Onu per proteggere i civili stessi,...

...e meno che mai nessuno conterà i morti fra i soldati, nel tiro al piccione dai cieli, e mentre l'Italia NON accoglierà e mentre prosegue una medioevale caccia all'uomo degna del miglior far west (di nuovo il "wanted" sulla porta del saloon, ha ricordato il presidente del Venezuela) adesso mi rendo conto che l'unica cosa utile da fare in tutti i modi sarebbe stata una campagna A MARZO per appoggiare la proposta di Chavez e dei paesi dell'Alba, accettata dalla Libia: MEDIAZIONE FRA LE PARTI E INVIO DI OSSERVATORI ONU i quali avrebbero visto che non c'erano affatto i diecimila morti fra i manifestanti (mesi dopo, Amnesty International parlava di 209 morti accertati, su entrambi i fronti visto che molti poliziotti e custodi erano stati uccisi dai manifestanti) togliendo la scusa per l'intervento. Invece non si è fatto.

Dopo che un giorno il Manifesto forse solo casualmente non mi aveva pubblicato un pezzo su appunto questa iniziativa venezuelana (e anzi aveva pubblicato un pezzo di Wallerstein in cui praticamente qualificava di idiota il povero Chavez), agli inizi di marzo, sdegnata mi sono allontanata da loro non scrivendo quasi più in merito.
Idiota.

Occorreva insistere. Se il Manifesto - l'unico quotidiano che dal 1991 è sempre stato contro le guerre - avesse fatto una simile campagna, dicendo qualcosa ogni giorno in merito, appoggiato da altri media alternativi e trascinando per esempio gli antiguerra superstiti che non sapevano che fare, l'iniziativa di Chavez avrebbe avuto qualche chance, come chiedeva Fidel ai paesi e ai popoli del mondo.

Un'altra guerra, e niente di efficace da parte dei pacifisti. Che comunque non esistono più. Non parlerei più di pacifisti; meglio usare il termine "oppositori alla guerra". Arci, Acli, Cgil e componenti (mai un minuto di sciopero contro nessuna guerra dal 1991 in avanti), Tavola della Pace, per non dire di Attac Francia, dei vari aderenti di di punta al Forum Sociale Mondiale, dei vari Sullo, delle Ong varie e di chi aveva sempre altre urgenze umanitarie da seguire. Urgenze più urgenti dei massacri della Nato e dei loro alleati libici.

All'ipocrita Marcia Perugia Assisi che si svolgerà il 25 settembre avrei voglia di andare con un cartello: "Libia. Il silenzio dei pacifisti ha ucciso".

Molti del "movimento" e della "società civile" adesso arriveranno, a fare il business umanitario laggiù, parallelamente al business della ricostruzione e del petrolio.

Vincono sempre gli scrocconi di guerra che sono tanti e su tutti i fronti. Ce n'è di che voler stracciare il passaporto e non rifarlo.

Marinella Correggia

(Fonte: Come Don Chisciotte)


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Una risposta a Marinella Correggia, di Mao Valpiana.

Cara Marinella Correggia,
non sono d’accordo. Sulla guerra in Libia dici che “il silenzio dei pacifisti ha ucciso”, lasciando intendere che se avessero parlato le cose sarebbero andate diversamente. Ma purtroppo non è così.

Sai bene che milioni e milioni di persone che nel febbraio del 2003 sono scese in piazza contro la guerra in Iraq “senza se e senza ma”, non hanno ritardato di un giorno l’inizio dei bombardamenti.

Illudersi di fermare una guerra quando i motori degli aerei sono già accesi, è una sciocchezza immane, imperdonabile per un movimento che dovrebbe aver raggiunto una certa maturità.

La Marcia Perugia-Assisi, che tu bocci come “ipocrita”, ha cinquant’anni di storia alle spalle, ed ha attraversato la guerra d’Algeria, del guerra del Viet-nam, la guerra fredda, la guerra nel Golfo, la guerra nei Balcani, la guerra in Cecenia, la guerra in Iraq e la guerra in Afghanistan.

Aldo Capitini, ideatore della prima marcia, era un “oppositore integrale alla guerra” (e spero che tu non voglia mettere in dubbio anche questo), ma non si è mai posto l’obiettivo velleitario di fermare una guerra in corso (nemmeno quelle scellerate volute dal fascismo), ben sapendo che le radici delle guerre sono forti e profonde e possono essere debellate solo con un ampio movimento di resistenza e non collaborazione nonviolenta. Alla costruzione di un Movimento Nonviolento, che è il frutto principale della prima marcia Perugia-Assisi, Aldo Capitini ha dedicato gli ultimi anno intensi della sua vita, proprio per avere a disposizione uno strumento di “opposizione integrale alla guerra”.

Il punto decisivo, cara Marinella, per me è proprio questo: se vogliamo contrastare efficacemente la guerra, noi dobbiamo distruggere gli strumenti che le guerre rendono possibili, cioè le armi e gli eserciti. E su questo i pacifisti integrali, cioè i nonviolenti, non hanno mai taciuto, e quindi non sono accusabili di silenzi complici, nemmeno per la guerra in Libia.

Mao Valpiana
Movimento Nonviolento

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Commento di Alessandro Marescotti della lista Peacelink

In una societa' democratica l'opinione pubblica conta. Eccome.
Durante la guerra del Kosovo gli aerei della Nato hanno avuto dei grossi problemi, i generali dissero che avevano le 'mani legate' e diverse missioni di strike furono annullate, mi ha spiegato Domenico Gallo. Se allora ci fosse stata l'indifferenza di oggi la guerra sarebbe stata ancora piu' devastante e la Nato avrebbe ottenuto tutto quello che voleva con ancora piu' vittime. Il Vietnam fu ostacolato DURANTE il conflitto.
In una societa' come la nostra il peso dell'opinione pubblica e della spesa militare in tempo di conflitto non sono assolutamente irrilevanti. Oggi la Cgil sciopera senza dire che i tagli del 2011 sugli istituti tecnici equivalgono a un risparmio di spesa necessario ad acquistare 21 aerei f35 (aerei militari di cui nessun iscritto alla Cgil sente il bisogno, mentre i lavoratori della Cgil fanno sciopero contro i tagli).
La guerra in Iraq fu possibile perche' l'opinione pubblica americana condivideva in gran maggioranza la guerra. Quando il consenso scese allora vinse il candidato Usa che proponeva il ritiro dall'Iraq.
Non e' vero che nessuna guerra e' stata fermata 'durante' il conflitto. La Russia si ritiro' dalla prima guerra mondiale 'durante'. E se un paio di nazioni della Nato si ritirassero oggi dall'Afghanistan la nostra partecipazione finira'. Idem per la Libia.
I sindacati sono cruciali in questo meccanismo. Tanto cruciali che recitano il gioco del silenzio.
Il grande potere sindacale in termini di privilegi (esiste una 'casta' sindacale) si costruisce grazie a questi scambi fra silenzi e privilegi.
L'idea che una volta iniziata la guerra non ci sia nulla da fare e' assolutamente smentita dal fatto che lo sforzo mediatico per raccontarci menzogne e' una delle maggiori preoccupazioni della propaganda bellica. Demolire la propaganda bellica e ridicolizzarla e' uno dei nostri principali scopi di uomini di pace.
Smontare il consenso e' l'operazione decisiva, assolutamente necessaria anche se di per se' non sufficiente.

Ma molti pacifisti in vacanza (non solo materialmente ma MENTALMENTE in vacanza, ossia deresponsabilizzati e sfiduciati) si sono bevuti le bugie di guerra, non si sono documentati (costa molto tempo farlo, soecie se Rainews spaccia per vere le bugie di guerra). Molti pacifisti non hanno dedicato neanche un'ora (alcuni neanche un minuto!) al giorno per fare controinformazione nonostante avessero il computer collegato a Internet per 24 ore al giorno. Hai il computer collegato 24 ore su 24 a Internet e non dedichi un minuto a fare controinformazione?

E' assurdo. Non c'e' giustificazione: ci siamo macchiati di una responsabilita' orrenda. Potevamo fare e non abbiamo fatto. E ogni controinformazione e' utile. Lo sanno gli strateghi di guerra mediatica. Essi stessi si sono stupiti della nostra incapacita', hanno vinto a tavolino.

Vorrei dare mille volte torto a Marinella, ma purtroppo ha ragione.
Fermo restando che siamo arrivati a questo sfacelo anche perche' non abbiamo praticato PRIMA della guerra la cultura della nonviolenza.

Ciao
Alessandro

Ps - Parteciperò alla marcia Perugia Assisi.

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