venerdì 21 gennaio 2011

Nord Africa e la ribellione che cova.. Il mondo islamico si prepara alla riscossa, mentre Erdogan (il "nuovo Ataturk") attua la strategia dell'acqua!


"Erdogan ha capito che l'acqua vale più del petrolio..." (Saul Arpino)

.....(...)... La sensazione che si trae da una analisi anche superficiale della situazione in Nord Africa è che siamo alla vigilia di una grande rivoluzione di cui è ancora difficile intravvedere forme e calendario. Sappiamo solo che l’innesco è stato dato in Tunisia da Ben Alì e consorte, mentre l’esplosivo è stato portato a pressione, dall’avidità congiunta delle lobby dell’agroindustria americana e delle classi dirigenti corrotte , scelte e protette dall’occidente.
Questi momenti ribellistici non sarebbero diversi dalle periodiche rivolte contro l’impero britannico nell ’800 se non ci fossero due fatti nuovi: uno politico a nome Ben Laden (nell’800 c’era il Mahdi che però durò e costò poco) e uno geostrategico a nome Turchia di Erdogan.

Turchia, Tunisia e Pakistan erano considerati tra i più fedeli e laicizzati alleati dell’occidente. Il Pakistan dispone già dell’armamento nucleare e la Turchia ( snobbata da qualche intelligentone della U.E.) ha un esercito di due milioni di uomini alle porte dell’Europa.

La Turchia, che da quindici anni ha tassi di sviluppo del 6-7% ha elaborato una strategia semplice come tutte le strategie.

Ha iniziato ad agglomerare attorno a se i paesi turcofoni ( Turkmenistan, Kirghisistan, ecc)che hanno fornito un mercato alle sue merci, quasi invendibili altrove, ed ha trovato convenienti forme di solidarietà politica con un altro paria della comunità occidentale, l’Iran.

Con l’impostazione di questo mini blocco, storicamente non sprovvisto di ambizioni egemoniche, la Turchia ha elaborato la strategia dell’acqua, che è “a monte” di quella del petrolio.

Senza petrolio si crolla dopo un periodo di tempo variante dai 30 ai 60 giorni – a seconda delle scorte - mentre senza acqua il periodo di resistenza si accorcia a due/tre gioni. E’ l’arma assoluta ed ha anche il vantaggio di poter essere presentata come parte di una riforma agraria ed un serbatoio di energia elettrica per lo sviluppo.

Tutta l’area del vicino oriente basa la propria ricchezza sul petrolio, ma la vita fisica di Siria, Irak e Giordania e Israele dipende da fiumi che nascono in Turchia.

Nell’ultimo decennio la Turchia ha creato un complesso di 32 dighe che regolano il flusso delle acque che scendono in Mesopotamia. Approfittando dell’indebolimento politico militare dell’Irak, l’Eufrate è stato “razionato” in maniera particolare. Gli esperti valutano che il flusso si sia ridotto del 40% negli ultimi due anni con danni enormi per l’Irak e minaccie concrete per la Siria.

L’Iran con la forza dell’influenza religiosa sciita e la Turchia con il dominio dell’acqua sono già oggi in grado di costituire una minaccia per l’area politicamente ed economicamente più sensibile del mondo.

L’armamento nucleare Pakistano oggi e Iraniano domani integreranno la forza militare turca che è già egemone nella regione.

A questo rebus geopolitico si aggiunge l’influenza della predicazione di Ben Laden che sta dimostrando nei fatti di essere capace di colpire e di non essere colpita; il suo discorso irredentista fa sempre più proseliti, ma inizia ad essere accettato anche da elementi moderati che vedono ormai con interesse la rinascita di un ideale e di un mercato pan arabo.

Adesso la scelta è tra due scelte “buone” e una “cattiva” . Le due “buone”:correre il rischio di vedere il vicino oriente condizionato dalla Turchia – a sua volta “coperta” dall’Iran che si “copre” con la crisi Afgano-Pakistana, oppure cambiare rotta e ammettere la Turchia nella U.E. incaricandola di controllare l’area per nostro conto. Per questo obbiettivo, il prezzo è salato: comporre il dissidio Afgano, recuperare l’Iran e ridimensionare le ambizioni dell’alleato israeliano.

La scelta “cattiva” è una sola: lasciare che il degrado sia crescente e accettare che Ben Laden e i suoi seguaci si impadroniscano dei paesi arabi ad uno ad uno in un gioco di domino che durerà un ventennio.

L’unico che per ora è corso ai ripari, è lo Sceicco del Kowait che ha già avuto delle disavventure con Saddam e teme il bis dall’interno: ha stanziato un “dividendo di cittadinanza” per tutti i Koweitiani (un milione e duecentomila persone circa), pari a 1000 dinari (2700 euro) e stabilito che per un periodo di 14 mesi siano distribuiti gatuitamente alla popolazione razioni di “viveri indispensabili alla sopravvivenza”.

Troppo poco e troppo tardi?

By antoniochedice

(Il Giornale della Collera)

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Commento di Giorgio Vitali:

"CONCORDO IN PIENO CON L’ANALISI DI ANTONIO. GIA’ DA TEMPO SI SAPEVA DEL GRANDE ATTIVISMO DEL GOVERNO TURCO, IL QUALE, GIUSTAMENTE, SFRUTTA UNA REALTà GEOPOLITICA. O MEGLIO: QUANDO SE NE HANNO I MEZZI E LE POSSIBILITA’ SI SCOPRE CHE LA MADRE DI TUTTE LE MADRI DELLA POLITICA è LA GEOPOLITICA. ED ALLORA LA TURCHIA giustamente RITORNA AL SUO PASSATO, CHE NON è ROBA DA POCO. AL SUO PASSATO ANTE 1918, che sta lì a dimostrare come geopoliticamente il ruolo di quel paese è rilevantissimo. Come aveva capito anche quel genio che si chiamava Costantino. Dipoi, la pressione dell ‘unipolarismo statunitense, in un momento del tutto inopportuno (come, inascoltato, ha sempre sostenuto Luttvak), associata alla lotta mediatica impostata su un mito del tutto idiota come quello dello “scontro di civiltà” (idiozia pari se non superiore a quella contenuta nel Mito della “fine della storia”) stanno facendo il resto. GIUSTAMENTE, ma NOI non possiamo far nulla e ci crogioliamo nella nostra impotenza beninteso solo di carettere operativo, Antonio accusa l’UE di non avere il coraggio di muoversi con decisione. Secondo il sottoscritto l’UE non è silente. L’UE è zoppa perchè deve fare i conti con una GB che continua a pensare il mondo come se fosse ancora ai vertici del suo impero marino ed a vedere l’UE secondo il criterio che ha determinato la sua geopolitica per qualche secolo. (Quella di allearsi con questo e con quello per frenare sul nascere qualsiasi tentativo di egemonia nel Continente).
Quando la GB capirà che il suo destino definitivo è DENTRO l’EUROPA UNITA, forse sarà troppo tardi..."

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